martedì 7 febbraio 2012

IL GIORNO DELL'EDERA NELLA SEDE DEL COMITATO ELETTORALE


Il vecchio Jack raccolse le ceneri raschiandole con un
pezzo di cartone e le sparse giudiziosamente sulla cupola
di carboni che andava sbiancandosi. Quando la cupola fu
coperta da uno strato sottile il suo viso sprofondò nel
buio, ma appena si rimise a sventolare il fuoco, la sua
ombra accoccolata si innalzò sulla parete opposta e il viso
riemerse lentamente alla luce. Era il viso di un vecchio,
molto ossuto e pieno di peli. Gli acquosi occhi blu
battevano le palpebre al fuoco e la bocca umida a volte si
apriva e, richiudendosi, biascicava meccanicamente una
volta o due. Quando le ceneri ebbero preso appoggiò il
pezzo di cartone alla parete, sospirò e disse:
«Va meglio adesso, signor O'Connor».
Il signor O'Connor, un giovane dai capelli grigi, il cui
viso era sfigurato da una quantità di pustole e di
foruncoli, aveva appena ridotto il tabacco per una
sigaretta a un bel cilindro, ma, interpellato, disfece il suo
lavoro pensosamente. Poi ricominciò ad arrotolare
pensoso il tabacco e dopo un attimo di meditazione decise
di leccare la cartina.
«Ha detto il signor Tierney quando sarebbe tornato?»
chiese in un falsetto rauco.
«No, non l'ha detto.»
Il signor O'Connor si mise la sigaretta in bocca e
cominciò a frugarsi le tasche. Tirò fuori un pacco di
sottili cartoncini da visita.
«Le trovo un fiammifero» disse il vecchio.
«Lasci stare, questo va benissimo» disse il signor
O'Connor. Scelse uno dei cartoncini e lesse quello che vi
era stampato:


ELEZIONI MUNICIPALI
Circoscrizione della Borsa
Il signor Richard J. Tierney, P.L.G., sollecita rispettosamente il
favore del Suo voto e del Suo appoggio per le prossime
elezioni nella circoscrizione della Borsa.


Il signor O'Connor era stato assunto dall'agente di
Tierney per sollecitare voti in una parte della
circoscrizione, ma data l'inclemenza del tempo e il fatto
che le sue scarpe lasciavano passare l'acqua, trascorreva
gran parte della giornata seduto accanto al fuoco nella
sede del comitato a via Wicklow con Jack, il vecchio
custode. Erano seduti così da quando la breve giornata si
era fatta buia. Era il sei di ottobre, fuori era lugubre e
freddo.
Il signor O'Connor stracciò una striscia dal cartoncino e,
dandole fuoco, si accese la sigaretta. Mentre così faceva
la fiamma gli illuminò una foglia di edera scura e lucida
sul risvolto della giacca. Il vecchio lo osservò
attentamente e poi, raccogliendo di nuovo il pezzo di
cartone, cominciò a sventolare lento il fuoco mentre il
compagno fumava.
«Ah, sì» disse, continuando «è difficile sapere in che
modo tirare su i figli. Chi se lo poteva immaginare che
sarebbe diventato così! L'ho mandato dai Fratelli Cristiani
e ho fatto per lui quello che ho potuto, ed ecco là che se

ne va in giro a ubriacarsi. Ho cercato di farne una persona
per bene.»
Rimise a posto il cartone stancamente.
«Se non fosse che ora sono vecchio cambierei tono. Gli
darei il bastone sulla schiena picchiandolo di santa
ragione... come ho fatto tante volte prima. La madre, sa,
lo ringalluzzisce con questo e con quello...»
«Ecco cosa rovina i figli» disse il signor O'Connor.
«Proprio» disse il vecchio. «E ben pochi grazie ne ricevi,
solo insolenza. Mi prende la mano ogni volta che vede
che ho bevuto un goccio. Dove andrà a finire il mondo se
i figli parlano così ai padri?»
«Quanti anni ha?» disse il signor O'Connor.
«Diciannove» disse il vecchio.
«Perché non lo mette a fare qualcosa?»
«Certo, che non ci ho provato con quell'ubriacone fin da
quando ha lasciato la scuola? - Non ti voglio mantenere -
dico. - Ti devi trovare un lavoro. - Ma le assicuro che
ogni volta che trova lavoro è peggio; si beve tutto.»
Il signor O'Connor scosse la testa con comprensione e il
vecchio tacque, fissando il fuoco. Qualcuno aprì la porta
della stanza ed esclamò:
«Ehi! Cos'è, una riunione di frammassoni?».
«Chi è?» disse il vecchio.
«Cosa fate al buio?» chiese una voce.
«Sei tu, Hynes?» chiese il signor O'Connor.
«Sì. Cosa fate al buio?» disse il signor Hynes, venendo
avanti alla luce del fuoco.
Era un giovane alto, snello, con baffi castani chiari.
Goccioline di pioggia incombevano sospese alla tesa del
suo cappello e aveva il bavero del giaccone voltato
all'insù.
«Allora, Mat» disse al signor O'Connor «come va?»
Il signor O'Connor scosse la testa. Il vecchio lasciò il
caminetto, e dopo avere incespicato qui e lì per la stanza
tornò con due candelieri che cacciò l'uno dopo l'altro nel
fuoco e portò al tavolo. Apparve una stanza nuda e il
fuoco perse tutto il suo allegro colore. Le pareti della
stanza erano spoglie tranne che per una copia di un
discorso elettorale. Nel mezzo della stanza c'era un
tavolino sul quale erano ammucchiate carte.
Il signor Hynes si appoggiò alla mensola del caminetto e
chiese:
«Ti ha pagato?».
«Non ancora» disse il signor O'Connor. «Spero in Dio
che non ci lasci nelle peste stasera.»
Il signor Hynes rise.
«Oh, vi pagherà. Non temere» disse.
«Spero che si comporti bene se vuole fare le cose sul
serio» disse il signor O'Connor.
«Lei cosa ne pensa, Jack?» disse satirico il signor Hynes
al vecchio.
Il vecchio tornò al suo posto accanto al fuoco, dicendo:
«Non è che non li abbia, ad ogni modo. Non come
quell'altro manovale».
«Quale altro manovale?» disse il signor Hynes.
«Colgan» disse il vecchio con disprezzo.
«È perché Colgan è un operaio che lei parla così? Qual è
la differenza tra un bravo muratore onesto e un
proprietario di bar... eh? Forse che l'operaio non ha diritto
di entrare nel consiglio municipale quanto un altro... già,
e più diritto di quei finti inglesucci che se ne stanno

sempre con il cappello in mano davanti a chiunque abbia
un titolo nobiliare? Non è così, Mat?» disse il signor
Hynes, rivolgendosi al signor O'Connor.
«Credo che hai ragione» disse il signor O'Connor.
«Uno è un onest'uomo semplice che non lecca i piedi. Va
per rappresentare le classi operaie. Quest'individuo per
cui lavorate voi vuole soltanto ottenere un impiego
qualsiasi.»
«Certo, le classi operaie dovrebbero essere rappresentate»
disse il vecchio.
«L'operaio» disse il signor Hynes «si prende tutti i calci e
neanche mezzo penny. Ma è il proletariato che produce.
L'operaio non va in cerca di impieghi vantaggiosi per i
figli e i nipoti e i cugini. L'operaio non trascinerà l'onore
di Dublino nel fango per compiacere a un monarca
tedesco.»
«Come?» disse il vecchio.
«Non sapete che vogliono rivolgere un indirizzo di
benvenuto a Edoardo Rex se viene qui l'anno prossimo?
Che bisogno c'è di fare salamelecchi a un re straniero?»
«Il nostro non voterà per l'indirizzo» disse il signor
O'Connor. «Si presenta come candidato del partito
nazionalista.»
«No?» disse il signor Hynes. «Aspetta a vedere se lo farà
o no. Lo conosco. Non è Trucchi Dicky Tierney?»
«Dio! forse hai ragione, Joe» disse il signor O'Connor.
«In ogni caso, vorrei che comparisse con gli spicci.»
I tre uomini tacquero. Il vecchio cominciò a raccogliere
raschiandole altre ceneri. Il signor Hynes si tolse il
cappello, lo scosse e poi voltò in giù il bavero del
giaccone, mostrando, mentre così faceva, una foglia
d'edera sul risvolto.
«Se quest'uomo fosse vivo» disse, indicando la foglia
«non staremmo qui a parlare di un indirizzo di
benvenuto.»
«È vero» disse il signor O'Connor.
«Misericordia, che Dio protegga quei tempi! » disse il
vecchio. «Allora un po' di vita c'era.»
La stanza tornò a essere silenziosa. Poi un omino agitato
che tirava su con il naso e aveva le orecchie gelate aprì
con una spinta la porta. Si diresse rapido verso il fuoco,
fregandosi le mani come se intendesse farvi nascere una
scintilla.
«Niente soldi, ragazzi» disse.
«Si sieda qua, signor Henchy» disse il vecchio,
offrendogli la sua sedia. «Oh, non si muova, Jack, non si
muova» disse il signor Henchy. Salutò con un brusco
cenno del capo il signor Hynes e sedette sulla sedia che il
vecchio aveva lasciata libera.
«Hai fatto via Aungier?» chiese al signor O'Connor.
«Sì» disse il signor O'Connor, cominciando a frugarsi le
tasche in cerca degli appunti.
«Sei andato da Grimes?»
«Sì.»
«Allora? Qual è la sua posizione?»
«Non ha voluto fare promesse. Ha detto: "Non voglio dire
a nessuno come voterò" Ma penso che non ci sia da
temere. »
«Perché?»
«Mi ha domandato chi erano quelli che lo avevano
proposto; e gliel'ho detto, ho fatto il nome di padre Burke.
Penso che non ci sia da temere.»

Il signor Henchy cominciò a tirare su con il naso e a
fregarsi le mani sul fuoco a velocità vertiginosa. Poi
disse:
«Per l'amor di Dio, Jack, ci porti un po' di carbone. Ne
deve essere rimasto qualche pezzo».
Il vecchio uscì dalla stanza.
«Non c'è niente da fare» disse il signor Henchy,
scuotendo la testa. «Li ho chiesti a quel nano d'un
ciabattino, ma ha detto: - Oh, signor Henchy, quando
vedo che il lavoro va avanti bene non la dimenticherò,
può stare tranquillo. - Nanetto spilorcio! Misericordia,
come potrebbe essere altrimenti?»
«Cosa ti avevo detto, Mat?» disse il signor Hynes.
«Trucchi Dicky Tierney.»
«Oh, più trucchi di così non potrebbe farne» disse il
signor Henchy. «Non per nulla ha quegli occhietti da
porco. Maledizione all'anima sua! Non potrebbe pagarci
come un uomo invece di: - Oh, signor Henchy. Devo
parlarne al signor Fanning... ho speso una quantità di
soldi. - Infernale scolaretto spilorcio! Forse ha
dimenticato i tempi quando quel vecchio nano di suo
padre aveva il negozio di rigattiere a vicolo Mary.»
«Ma è vero?» chiese il signor O'Connor.
«Dio, sì» disse il signor Henchy. «Non ne avevi mai
sentito parlare? La gente ci andava la domenica mattina
presto prima che i bar aprissero per comprarsi un
panciotto o dei pantaloni... miseria! Ma quel vecchio
nano del padre di Trucchi Dicky teneva sempre una
bottiglietta nera truccata nascosta in un angolo. Mi segui?
Non c'è altro da dire. È lì che ha visto la luce del giorno.»
Il vecchio tornò con qualche pezzo di carbone che mise
qua e là sul fuoco.
«Che bel buon giorno» disse il signor O'Connor. «Cosa si
aspetta? Che lavoriamo per lui se non vuole cacciare fuori
soldi?»
«Non posso farci nulla» disse il signor Henchy. «Io mi
aspetto di trovare gli ufficiali giudiziari nell'ingresso
quando vado a casa.»
Il signor Hynes rise e, dandosi una spinta con le spalle, si
allontanò dalla mensola del caminetto, preparandosi a
partire.
«Andrà tutto a posto quando viene re Eddie» disse.
«Bene, ragazzi, me ne vado per ora. Ci vediamo dopo.
Ciao, ciao.»
Uscì dalla stanza lentamente. Né il signor Henchy né il
vecchio dissero nulla, ma, proprio quando la porta stava
per chiudersi, il signor O'Connor, che era stato a fissare il
fuoco di malumore, esclamò improvvisamente:
«Ciao, Joe».
Il signor Henchy attese qualche istante poi fece un cenno
con la testa in direzione della porta.
«Dimmi» disse attraverso il fuoco «cos'è che porta il
nostro amico qua dentro? Cosa vuole?»
«Miseria, povero Joe! » disse O'Connor, lanciando il
mozzicone della sigaretta nel fuoco «è al verde, come
tutti noi.»
Il signor Henchy tirò su forte con il naso e sputò così
copiosamente da spegnere quasi il fuoco, che emise un
sibilo di protesta.
«A dirti la mia personale e spassionata opinione» disse
«credo che sia uno dell'altro campo. È una spia di Colgan,
secondo me. Vai da loro e cerca di scoprire come se la

cavano. Non ti sospetteranno. Hai afferrato?»
«Ah, povero Joe, è una brava persona» disse il signor
O'Connor.
«Suo padre era un brav'uomo, irreprensibile» ammise il
signor Henchy. «Povero vecchio Larry Hynes! Quanti
favori ha fatto ai tempi suoi! Ma ho tanta paura che il
nostro amico non sia di diciannove carati. Maledizione,
posso capire che uno sia al verde, ma quello che non
riesco a capire è che viva alle spalle degli altri. Non
potrebbe avere una scintilla di dignità?»
«Io non gli faccio un'accoglienza calorosa quando viene»
disse il vecchio. «Che lavori per il suo partito e non
venga qui a spiare.»
«Non lo so» disse il signor O'Connor dubbioso, mentre
tirava fuori cartine e tabacco. «Credo che Joe Hynes sia
un uomo leale. È intelligente, anche, con la penna in
mano. Ricordi quella cosa che scrisse...?»
«Secondo me alcuni di questi hillsiders1 e di questi
feniani sono un po' troppo intelligenti» disse il signor
Henchy. «Sai qual è la mia personale e spassionata
opinione su alcuni di quei tipetti? Credo che una buona
metà sia al soldo del Castello.»
«Non si sa mai» disse il vecchio.
«Oh, ma io lo so di sicuro» disse il signor Henchy. «Sono
scribacchini del Castello... Non dico Hynes... No,
maledizione, penso che sia un tantino superiore... Ma c'è
un certo piccolo nobiluomo con un occhio strabico... Sai
di quale patriota sto parlando?»

Il signor O'Connor annuì.
«Che bel discendente diretto del maggiore Sirr! Oh, cuore
e sangue di patriota! Quello sarebbe capace di vendere il
suo paese per quattro pennies... già... e di buttarsi in
ginocchio a ringraziare Cristo Onnipotente di avere un
paese da vendere.»
Qualcuno bussò alla porta.
«Avanti» disse il signor Henchy.
Una persona che somigliava a un prete povero o a un
attore povero apparve sulla soglia. Gli abiti neri erano
abbottonati stretti sul corpo basso ed era impossibile
capire se il colletto era da prete o da laico, perché il
bavero della frusta redingote, i cui bottoni scoperti
riflettevano la luce delle candele, era voltato all'insù
intorno al collo. Aveva un cappello tondo di feltro nero
rigido. Il viso, lucido per le gocce di pioggia, sembrava
un molle formaggio giallo tranne dove due macchie rosee
indicavano gli zigomi. Aprì improvvisamente la bocca
lunghissima per esprimere delusione e allo stesso tempo
spalancò gli occhi blu luminosissimi per esprimere
piacere e sorpresa.
«Oh, padre Keon! » disse il signor Henchy, saltando su
dalla sedia. « È lei? Entri ! »
«Oh, no, no, no» disse padre Keon rapidamente,
increspando le labbra come se si rivolgesse a un bambino.
«Non vuole entrare e sedersi?»
«No, no, no!» disse padre Keon, parlando con voce
discreta, condiscendente, vellutata. «Non voglio
disturbarla! Sto solo cercando il signor Fanning...»
«È all'Aquila Nera» disse il signor Henchy. «Ma non
vuole entrare e sedersi un minuto?»

«No, no, grazie. Era solo per un piccolo affare» disse
padre Keon. «Grazie mille.»
Indietreggiò dalla soglia e il signor Henchy, afferrando
uno dei candelieri, andò alla porta per fargli luce sulle
scale.
«Oh, non si disturbi, la prego! »
«Ma le scale sono così buie.»
«No, no, riesco a vedere... Grazie mille.»
«Va bene adesso?»
«Benissimo, grazie... Grazie.»
II signor Henchy tornò con il candeliere e lo mise sul
tavolo. Si risedette davanti al fuoco. Ci fu un silenzio di
alcuni istanti.
«Dimmi, John» disse il signor O'Connor, accendendosi la
sigaretta con un altro cartoncino da visita.
« Eh? »
«Cosa fa esattamente?»
«Chiedimene una più facile» disse il signor Henchy.
«Fanning e lui mi sembrano molto uniti. Sono spesso
insieme da Kavanagh. Ma è davvero un prete?»
«Mah, credo di sì... penso che sia quello che si dice una
pecora nera. Non ne abbiamo molti, grazie a Dio! ma
qualcuno ce n'è... È una specie di disgraziato...»
«E come se la cava?» chiese il signor O'Connor. «È un
altro mistero.»
«È legato a qualche cappella o chiesa o istituzione o...»
«No» disse il signor Henchy «credo che viaggi per conto
proprio... Dio mi perdoni» aggiunse «pensavo che fossero
le birre.» «C'è speranza di bere qualcosa?» chiese il
signor O'Connor. «Anch'io ho sete» disse il vecchio.
«Ho chiesto tre volte a quel nano di un ciabattino» disse il
signor Henchy «se ci mandava su una dozzina di birre.
Adesso gliel'ho chiesto di nuovo, ma stava appoggiato al
bancone in maniche di camicia facendosi grandi risate
con il consigliere municipale Cowley.»
«Perché non gliel'hai ricordato?» chiese il signor
O'Connor.
«Be', non volevo avvicinarmi mentre parlava al
consigliere Cowley. Ho atteso finché non ho incontrato il
suo sguardo, e ho detto: - Per quella cosetta di cui le
parlavo... - Va bene signor H. - ha detto lui. Eh sì, certo
quel pigmeo se l'è completamente dimenticato.»
«Si stanno mettendo d'accordo quelli là» disse il signor
O'Connor pensoso. «Li ho visti tutti e tre parlare fitto ieri
all'angolo di via Suffolk.»
«Credo di sapere a che giochetto giocano» disse il signor
Henchy. «Devi essere debitore degli amministratori
comunali oggigiorno se vuoi diventare sindaco. Allora ti
fanno sindaco. Dio! Sto pensando seriamente di diventare
anch'io un amministratore comunale. Che ne pensi? Sarei
adatto al compito?»
Il signor O'Connor rise.
«Se basta avere debiti...»
«Uscirei in carrozza dalla Mansion House» disse il
signor Henchy «in tutta la mia schifezza, con il nostro
Jack in piedi dietro in parrucca incipriata... eh?»
«Fammi tuo segretario privato, John.»
«Sì. E farò padre Keon mio cappellano personale. Sarà
una festa di famiglia.»
«Veramente, signor Henchy» disse il vecchio «lei

manterrebbe un tenore di vita più decoroso di alcuni di
loro. Parlavo un giorno con il vecchio Keegan, il portiere.
- Ti piace il tuo nuovo Padrone, Pat? - gli dico- Non avete
molti ricevimenti ora - dico io. - Ricevimenti! - dice lui. -
Vivrebbe della puzza d'olio di uno straccio. - E sapete
cosa mi ha detto? Giuro su Dio che non gli ho creduto.»
«Cosa?» dissero il signor Henchy e il signor O'Connor.
«Mi ha detto: - Cosa ne pensi di un sindaco di Dublino
che manda a prendere una libbra di braciole per pranzo?
Che te ne pare come vita lussuosa? - dice lui. - Miseria,
miseria - dico io. - Una libbra di braciole - dice lui - che
entra nella Mansion House. - Miseria! - dico io - ma che
razza di gente c'è in giro adesso? - »
A questo punto bussarono alla porta e un ragazzo mise
dentro la testa.
«Che c'è?» disse il vecchio.
«Dall'Aquila Nera» disse il ragazzo, entrando di traverso
e depositando un cesto sul pavimento con un rumore di
bottiglie scosse.
Il vecchio aiutò il ragazzo a trasferire le bottiglie dal
cesto al tavolo e contò l'intera consegna. Dopo il
trasferimento il ragazzo si mise il cesto sul braccio e
chiese:
«Niente bottiglie?».
«Quali bottiglie?» disse il vecchio.
«Non ce la vuoi fare bere prima?» disse il signor Henchy.
«Mi è stato detto di chiedere le bottiglie.»
«Torna domani» disse il vecchio.
«Ehi, ragazzo!» disse il signor Henchy «fai una corsa per
piacere da O'Farrel e chiedigli di prestarci un cavatappi...
per il signor Henchy, digli. Spiegagli che non lo terremo
neanche un minuto. Lascia qui il cesto.»
Il ragazzo uscì e il signor Henchy cominciò a fregarsi le
mani allegramente, dicendo:
«Ah, be', non è così male dopo tutto. Mantiene le
promesse, se non altro».
«Non ci sono bicchieri» disse il vecchio.
«Oh, non preoccupartene, Jack» disse il signor Henchy.
«Fior di uomini prima d'ora hanno bevuto dalla bottiglia.»
«In ogni caso, è meglio che niente.»
«Non è tanto male» disse il signor Henchy «solo che
Fanning gli ha fatto uno di quei prestiti. Ha buone
intenzioni, sai, a modo suo, da quell'avaro che è.»
Il ragazzo tornò con il cavatappi. Il vecchio aprì tre
bottiglie e stava restituendo il cavatappi quando il signor
Henchy disse al ragazzo: «Vuoi bere qualcosa, ragazzo?».
«Sì grazie, signore» disse il ragazzo.
Il vecchio aprì un'altra bottiglia malvolentieri e la porse al
ragazzo. «Quanti anni hai?» chiese.
«Diciassette» disse il ragazzo.
Dato che il vecchio non aggiungeva altro, il ragazzo prese
la bottiglia, disse: «I miei migliori ossequi al signor
Henchy» bevve il contenuto, rimise la bottiglia sul tavolo
e si asciugò la bocca con la manica. Poi prese il cavatappi
e uscì di traverso dalla porta, borbottando una specie di
saluto.
«Ecco come si comincia» disse il vecchio.
«Si sa come si comincia e non si sa dove si va a finire»
disse il signor Henchy.
Il vecchio distribuì le tre bottiglie che aveva aperto e gli
uomini bevvero tutti insieme. Dopo avere bevuto
ciascuno si mise la bottiglia a portata di mano sulla

mensola del caminetto e trasse un lungo sospiro di
soddisfazione.
«Be', ho fatto una buona giornata di lavoro oggi» disse il
signor Henchy, dopo una pausa.
«Davvero, John?»
«Sì. Gli ho fatto avere una o due cose sicure a via
Dawson, Crofton ed io. Detto fra noi, sai, Crofton (è una
brava persona, naturalmente), ma come agente elettorale
non vale un bel nulla. Non sa aprire bocca. Se ne sta lì a
guardar la gente mentre io parlo.»
A questo punto entrarono due uomini nella stanza. Uno
era grassissimo e gli abiti di saia blu parevano in pericolo
di cascargli dalla figura floscia. Aveva un grosso viso che
nell'espressione somigliava al viso di un giovane bue,
occhi blu dallo sguardo fisso e baffi brizzolati. L'altro,
che era molto più giovane e fragile, aveva un viso magro,
completamente sbarbato. Portava un doppio bavero molto
alto e una bombetta dalla tesa larga.
«Ciao, Crofton! » disse il signor Henchy all'uomo grasso.
«Lupus in fabula...»
«Da dove viene l'alcool?» chiese il giovane. «La vacca ha
figliato?»
«Oh, naturalmente, Lyons vede subito se c'è da bere!»
disse il signor O'Conner, ridendo.
«E così che voi due sollecitate» disse il signor Lyons «e
Crofton ed io fuori al freddo e alla pioggia a cercare
voti?»
«Ma va, maledetto te» disse il signor Henchy «trovo più
voti io in cinque minuti che voi due in una settimana.»
«Apra due bottiglie di birra, Jack» disse il signor
O'Connor.
«Come?» disse il vecchio «se non c'è cavatappi?»
«Aspettate, aspettate! » disse il signor Henchy, alzandosi
rapidamente. «Avete mai visto questo trucchetto?»
Prese due bottiglie dal tavolo e, portandole al fuoco, le
mise sulla mensolina interna. Poi si risedette accanto al
fuoco e tornò a bere dalla bottiglia. Il signor Lyons
sedette sull'orlo del tavolo, si spinse il cappello verso la
nuca e cominciò a fare oscillare le gambe.
«Qual è la mia bottiglia?» chiese.
«Questa, ragazzo» disse il signor Henchy.
Il signor Crofton si sedette su una cassetta e guardò fisso
l'altra bottiglia sulla mensolina. Taceva per due ragioni.
La prima ragione, sufficiente per se stessa, era che non
aveva niente da dire; la seconda ragione era che
considerava i suoi compagni al di sotto di lui. Era stato
agente elettorale per Wilkins, il conservatore, ma quando
i conservatori avevano ritirato il loro uomo e, scegliendo
il minore tra due mali, dato il loro appoggio al candidato
nazionalista, era stato assunto per lavorare con il signor
Tierney.
Dopo pochi minuti si udì un timido «Poc!» mentre il
tappo volava via dalla bottiglia del signor Lyons. Il signor
Lyons saltò giù dal tavolo, andò al fuoco, prese la sua
bottiglia e la riportò al tavolo.
«Stavo proprio raccontando Crofton» disse il signor
Henchy «che ci siamo procurati un bel po' di voti oggi.»
«Chi avete trovato?» chiese il signor Lyons.
«Be', io ho trovato Parkes e uno, e Atkinson e due, e
Ward di via Dawson. E un gran bel vecchio, per di più...
un perfetto gentiluomo vecchio stampo, un vero
conservatore! - Ma il vostro candidato non è un

nazionalista? - ha detto. - È un uomo irreprensibile - dico
io. - Favorevole a qualsiasi cosa possa giovare al paese. È
un grosso contribuente - ho detto. - Ha una vasta
proprietà immobiliare nel centro della città e tre sedi
commerciali, forse che non gli conviene tenere basse le
imposte? È un cittadino cospicuo e rispettato - ho detto -
ed è nel comitato della legge per l'assistenza ai poveri, e
non appartiene a nessun partito, buono, cattivo o
mediocre. - Così bisogna parlargli.»
«E cosa hai detto dell'indirizzo al re?» disse il signor
Lyons, dopo avere bevuto e schioccato le labbra.
«Ascolta» disse il signor Henchy. «Quello che manca a
questo paese è, come ho detto al vecchio Ward, il
capitale. La venuta del re significherà un afflusso di
denaro. I cittadini di Dublino ne avranno solo vantaggi.
Pensa a tutte quelle fabbriche giù accanto ai moli, ferme!
Pensa a tutto il denaro che ci sarebbe in questo paese se
soltanto facessimo funzionare le vecchie industrie, i
mulini, i cantieri navali e le fabbriche. Abbiamo bisogno
di capitale.»
«Ma senti un po', John» disse il signor O'Connor. «Perché
dovremmo fare buona accoglienza al re d'Inghilterra?
Forse che lo stesso Parnell...»
«Parnell» disse il signor Henchy «è morto. Ora, ecco
come la vedo io. C'è questo qua che è salito al trono dopo
che ne è stato tenuto lontano dalla vecchia madre finché è
incanutito. È un uomo di mondo e ha nei nostri riguardi
buone intenzioni. È proprio una bravissima persona,
secondo me, e certamente non è uno sciocco. Si è soltanto
detto: - La vecchia non è mai andata a vedere questi
irlandesi pazzi. Cristo, io voglio andarci e vedere come
sono. - E dovremmo insultarlo quando viene qui in visita
amichevole? Eh? Non è giusto, Crofton?»
Il signor Crofton annuì con la testa.
«Ma dopo tutto» disse il signor Lyons polemicamente «la
vita di re Edoardo, sai, non è proprio...»
«È acqua passata» disse il signor Henchy.
«Personalmente lo ammiro. È solo un normale
scapestrato come te e me. Il suo bicchiere di grog gli
piace e un po' le donne, forse, ed è un buon sportivo.
Maledizione, possibile che noi irlandesi non si sappia
agire con lealtà?»
«Tutto questo va benissimo» disse il signor Lyons. «Ma
considera il caso di Parnell.»
«In nome di Dio» disse il signor Henchy «dov'è l'analogia
tra i due casi?»
«Quello che voglio dire» disse il signor Lyons «è che
abbiamo i nostri ideali. Perché, ora, dovremmo fare
buona accoglienza a un uomo come quello? Dopo quanto
aveva fatto pensi che Parnell era l'uomo adatto a
guidarci? E perché, allora, dovremmo farlo per Edoardo
VII?»
«Oggi è l'anniversario di Parnell» disse il signor
O'Connor «non ci facciamo il sangue cattivo. Lo
rispettiamo tutti ora che è morto e sepolto... persino i
conservatori» aggiunse, volgendosi al signor Crofton.
Poc! Il tappo tardo volò via dalla bottiglia del signor
Crofton. Il signor Crofton si alzò dalla cassetta
avvicinandosi al fuoco. Mentre tornava con il bottino
disse con voce profonda:
«Il nostro lato del parlamento lo rispetta, perché era un
gentiluomo».

«Hai ragione, Crofton!» disse il signor Henchy con
ardore. «Era l'unico che potesse tenere in ordine quella
gabbia di belve. "Cuccia, cani! State a cuccia, cagnacci!"
Ecco come li trattava. Avanti, Joe! Avanti!» esclamò,
intravedendo il signor Hynes sulla soglia.
Il signor Hynes entrò lentamente.
«Apra un'altra bottiglia di birra, Jack» disse il signor
Henchy. «Oh, dimenticavo che non c'è cavatappi! Ecco,
me ne passi una che la metto al fuoco.»
Il vecchio gli porse un'altra bottiglia e lui la mise sulla
mensolina. «Siediti, Joe» disse il signor O'Connor
«stavamo giusto parlando del Capo.»
«Già, già!» disse il signor Henchy.
Il signor Hynes sedette di lato sul tavolo vicino al signor
Lyons ma non disse niente.
«Ecco uno di loro, comunque» disse il signor Henchy
«che non l'ha rinnegato. Dio, devo dirlo, Joe! Per Dio, gli
sei rimasto fedele da vero uomo!»
«Oh, Joe» disse il signor O'Connor improvvisamente:
«Recitaci quella cosa che hai scritto... ricordi? Ce l'hai
con te?».
«Ah, già!» disse il signor Henchy. «Recitacela. L'hai mai
sentita, Crofton? Devi sentirla: splendida cosa.»
«Avanti» disse il signor O'Connor. «Spara, Joe.»
Il signor Hynes non sembrò ricordare subito il
componimento a cui alludevano, ma, dopo avere riflettuto
un po', disse:
«Oh, quella cosa... Certo, oramai è vecchia».
«Sst, sst» disse il signor Henchy. «Avanti, Joe!»
Il signor Hynes esitò ancora. Poi fra il silenzio di tutti si
tolse il cappello, lo depose sul tavolo e si alzò in piedi.
Sembrava ripetere a mente il componimento.
Dopo una pausa piuttosto lunga annunciò:


LA MORTE DI PARNELL
6 ottobre 1891


Si schiarì la gola una o due volte e poi cominciò a
recitare:


Il nostro re non coronato è morto.
Piangi o Irlanda con angoscia e dolore
poiché è morto colui che han dilaniato
gli ipocriti moderni senza cuore.


Da quei cani codardi fu braccato
che al fango tolse e sollevò alla gloria;
d'Irlanda i sogni e le speranze brucian
del suo re sulla pira, e la storia.


In palazzo, capanna o cascina,
dovunque alberghi, l'anima irlandese
dal dolore è piegata: più non vive
chi reggeva le sorti del paese.


Dato avrebbe alla sua Irlanda fama,
il verde drappo alla gloria spiegato,
statisti, bardi e guerrieri offerto
agli sguardi del mondo ammirato.


Sognava (ahimè qual vano sogno!)
la Libertà: ma mentre ei tentava
l'idolo d'afferrar, il tradimento

l'ha strappato a colei che tanto amava.


Vergognose, codarde mani meschine
il Signore percossero: venduto
con un bacio alla plebe inimica
dei sacerdoti vili, fu perduto.


Che sempiterno e fier rimorso roda
orrendamente la memoria ai molti
avidi di macchiare il nome insigne
di chi li disprezzava quali stolti.


Ma egli cadde come cadono i forti,
fino all'ultimo nobile e ardito,
e agli eroi irlandesi di un tempo
l'ha nell'Ade la morte riunito.


Eco di lotte non ne turbi il sonno!
Ei riposa tranquillo: non più cure
né alta ambizione ora lo spronan
a scalar vette gloriose e pure.


Riuscito è il loro intento: è morto.
Ma, Irlanda, odi, il suo spirito ancora
può sorger, qual Fenice dalle fiamme
se di quel giorno spunterà l'aurora,


quando di Libertà venga il bel regno.
Possa l'Irlanda in quel dì levare
una coppa alla Gioia e con dolore
il martirio di Parnell ricordare.


Il signor Hynes si risedette sul tavolo. Quando ebbe finito
di recitare ci fu un silenzio e poi uno scoppio di applausi:
persino il signor Lyons applaudì. I battimani
continuarono per un po' di tempo. Quando cessarono tutti
gli ascoltatori bevvero dalle bottiglie in silenzio.
Poc! Il tappo volò via dalla bottiglia del signor Hynes, ma
il signor Hynes rimase seduto rosso in viso e a capo
scoperto sul tavolo. Non sembrò avere udito l'invito.
«Bravo, Joe! » disse il signor O'Connor, tirando fuori le
sue cartine e la borsa del tabacco per meglio nascondere
l'emozione.
«Cosa ne pensi, Crofton?» gridò il signor Henchy. «Non
è bella? Eh?»
Il signor Crofton disse che era un componimento molto
bello.











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